La Lanterna di Diogene, luce del solstizio Natalizio

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    *) SALMO A GAIA

    La Terra è mia madre, non mancherò di nulla.
    Lei mi nutre con verdi pascoli;
    mi rinfresca con acque limpide
    Ristora il mio corpo e risveglia la mia anima.


    Anche se cammino all'ombra delle stagioni che cambiano e del tempo che passa,
    non avrò paura della morte,
    perché l'essenza della vita è dentro di me,
    la pace e la bellezza della Terra mi confortano.


    La Terra mi insegna a raccogliere i suoi doni abbondanti
    mi riempie il cuore di compassione,
    mi fa bere dal calice dei piaceri semplici.


    Mentre guardo i cieli con meraviglia
    Mentre mi perdo nell immensità dell'universo,
    so di essere benedetto oltre misura
    nel vivere tutti i giorni della mia vita
    nella generosa casa di Gaia.

    Abby Willowroot (trad. James Callegary)
    ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    *)
    «l'Uomo ha complicato ogni singolo semplice dono degli Dèi» - Diogene di Sinope


    *)
    “Il pensiero è un prodotto della memoria. Ciò che si è registrato nella tua memoria accompagnato da un'emozione, cioè da tensione, tende a riprodursi, perché quella stessa tensione lo riattiva.
    L'eliminazione delle seghe mentali conduce al superamento e alla liberazione dal legame con la memoria, e quindi alla capacità di vedere il mondo che ti circonda con occhi nuovi, liberi da esperienze e quindi da giudizi precedenti (pregiudizi).” Giulio Cesare Giacobbe - Come smettere di farsi seghe mentali e godersi la vita

    *) Mt Cap 5
    14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte,
    15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.


    Cari Amici,
    I)
    Per molti di noi il Natale è un incubo, un festival dell'ipocrisia in cui uno sfoga la rabbia repressa dell'anno sul circondario spesso composto da parenti che fanno altrettanto, pur dichiarando di volersi bene. Perché succede questo?
    II)
    Inizio il mio tentativo di comprensione di questo malessere parlandovi di un filosofo legato alla Luce: Diogene di Sinope, famoso per andare in giro con una lanterna cercando il "vero essere umano". Questa ricerca sottointende due cose. La prima è che per la scuola cinica la verità non è un concetto astratto, una idea che viva nell’iperuranio, ma una cosa che esiste solo incarnata in un individuo, nella sua biografia e nella cultura storica che vive. La seconda è che la verità non sia riducibile a una etichetta da appiccicare a qualcosa o a qualcuno, ma implichi un lento processo di costruzione, che per i cinici era ἄσκησις, áskēsis, ascesi. Nel affrontare quest'aspetto dobbiamo subito sgombrare il campo da una obiezione, quella che riguarda la fortuna di nascere in un determinato contesto e lo spazio davvero libero che ci lasci il determinismo biologico. Per Diogene questa obiezione è presto risolta: la riuscita dell'essere umano non dipende dalle condizioni esteriori, ma da come queste si iscrivano in un processo di autentica consapevolezza interiore. L'obiettivo non è il possesso di qualcosa di esteriore, ma la consapevolezza di un mondo interiore, se non proprio ulteriore. Per questo viveva nella totale privazione di averi, come un cane. Si raccomanda di non seguire alla lettera il suo modo di vivere, tuttavia pone un problema che dovrebbe essere chiaro a noi tutti: finchè baso la mia felicità e la mia dignità di essere umano su qualcosa che non dipende da noi, allora sarò sempre e comunque sconfitto. Il gesto per cui è diventato famoso, quello di andare in giro con una lanterna ad illuminare gli uomini, penso rientri in questo quadro. La luce illumina l’uomo, mettendolo di fronte ai propri pregi e alle proprie mancanze nella strada autentica nella costruzione della virtù. Quella è una luce impietosa, cui non si può mentire, che illumina e chiede il conto anche di cose che noi vorremmo tenere nascoste o dissimulare. Possiamo imparare a vedere ogni uomo come un processo più o meno finito di costruzione della virtù.
    III)
    Se questo ha un senso, una cosa analoga avviene anche nell’ebraismo con il Kippur in cui si immagina un’anima tremante di fronte all’implacabile giudizio della Trascendenza. Credo che Diogene con quella lampada avrebbe incarnato perfettamente l’idea di Kippur.

    IV)
    Ma nel cristianesimo, ben prima dei profeti di sventura e dei Torquemada, questo esame viene fatto paradossalmente attraverso il sorriso gioioso di un bambino nella mangiatoia a Natale. Istintivamente possiamo dire che l’immagine del bambino sorridente è più gentile rispetto a quella di un giudice a cui girino giustamente i cabassisi. Ma è davvero così? Non credo, almeno non per me. Di fronte a quel bambino sorridente, pensando a tutte le volte che nell’anno ho agito in una direzione che spegnerebbe quel sorriso, mi sono sempre sentito una m, e, avendo provato anche Kippur, vi assicuro che la sensazione di contrizione che mi provoca il Natale è molto peggiore, forse perché il bambino evoca in me istinti parentali ancestrali.
    V)
    Di solito si dice che chi non ami il Natale, chi ne sia infastidito, non abbia capito il significato della festa. Non capisce la necessità di sentirsi in pace col mondo e solidali l’uno verso l’altro. La prospettiva di Diogene invece ribalta la situazione. E se invece quanti siano infastiditi dal Natale ne avessero compreso appieno il significato? Se, come me, si sentissero disarmati e giudicati di fronte al dolce sorriso di quel bambino? Forse, come sempre, non bisogna ragionare per estremi, ma tenere insieme i due aspetti, in una fertile ambivalenza.

    VI)
    Parlando di ambivalenza, nella citazione di Diogene che vi ho messo come lettura, «l'Uomo ha complicato ogni singolo semplice dono degli Dèi», è evidente l’aspetto del dono. La vita è per Diogene un susseguirsi di doni che possono essere trovati e compresi nella semplicità. Una semplicità che implica due cose: da un lato il liberarsi di quelli che una mia insegnante di psicologia chiamava “problemi grassi”, il coraggio di non farsi quelle seghe mentali tipiche della società occidentale; dall’altro quello di saper stare con se stessi, nel saper guardare con obiettività le proprie imperfezioni all’implacabile luce della lanterna di Diogene, imparando ad amare i propri difetti, senza nasconderli, ma anche maturando la volontà di superarli giorno dopo giorno, crescendo sulla strada della virtù. Ma è difficile, molto più probabile che uomo tenti di svicolare, di fuggire da questo semplice percorso per non vivere questo fastidio dell’imperfezione e della strada da fare verso l’autenticità .L’uomo complica la vita, si costruisce bisogni e aspirazioni che potrebbe non avere, proprio per non stare con sé stesso. L’idea buddhista di eliminare il “rumore”del pensiero e della vita va in questa direzione, così come l’invito di Gesù a pregare nel deserto. Nello scambio di doni gli UU invece, fin da quando furono i primi a reintrodurre in Occidente la festa di Natale, non intendono l’esaltazione del consumismo, ma si battono per un ritorno a quei semplici doni divini di cui parlava Diogene, ben sapendo che essi non esistono astrattamente o materialmente se non incarnati nei gesti di buona volontà di quanti si ben dispongano verso l’Altro.

    VII)
    Il rischio che vedo nello UUismo è quello di non spronare mai l’uomo ad alzare l’asticella esprimendo il proprio talento autentico, ma di giustificarlo nel suo perdersi. Per come la vedo io uno UU è uno che pedala con te nella tua corsa verso la pienezza autentica della tua esperienza di vita, è uno che spinge quando tu non ce la fai, ma non è mai uno che ti dica di rinunciare alla corsa e di scendere dalla bici. Troppo spesso vedo questo e trovo che sia uno dei veri motivi per cui una prospettiva così potente come quella UU non cresca come dovrebbe. Una prospettiva per cui vada sempre tutto bene, sia che io mi comporti virtuosamente, sia che io me ne stia sul divano a contare i puntini della tappezzeria, non è amichevole e comprensiva, tutt’altro… piuttosto non ha nulla da dire.
    Allora facciamolo quest’uomo, capace di non essere infastidito dalla luce del Natale e dal disarmante sorriso del bambino nella mangiatoia.

    Nasè Adam,
    Amen
    Rob

    Edited by RobertoRosso - 12/12/2021, 18:40
     
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