A. Marinacci: Riconoscere dei gesti.

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    Carissimi Amici,
    continua il mio esperimento spirituale: la demitizzazione costruttiva dei brani evangelici più ostici per la nostra visione di una religiosità che superi, ove necessario, una visione esclusivamente razionale ma che non la escluda. Seguendo, quindi, un calendario liturgico di orientamento Cristiano ho cercato di riflettere sull'episodio dei discepoli di Emmaus. Come nel caso di Maria di Magdala non è stata la figura di Gesù, l'amato Rabbi, a essere riconosciuta . Cosa ben strana, soprattutto nel caso di Maria, che anche senza volerla considerare la sposa più o meno ufficiale, sicuramente nutriva verso Gesù un particolare affetto che esprimeva, anche fisicamente, con gesti di cura e tenerezza. Eppure, nel giardino del cimitero, scambia il Maestro per il giardiniere e solo dopo aver parlato con Lui lo riconosce. Quando lo racconta agli altri discepoli, pensano che il dolore le abbia annullato le capacità di discernimento.
    Quanto ai discepoli di Emmaus, ben lungi dal considerarlo il Cristo Risorto, ne parlavano come di una bellissima esperienza terminata tragicamente. Insomma i primi Cristiani non erano affatto convinti della divinità di Gesù e della sua possibilità di risorgere fisicamente, con buona pace di Paolo di Tarso e di tutti coloro che aderiranno alle decisioni del Concilio di Nicea. Credo che, spontaneamente, sorga la domanda sul perché presentare episodi in cui si vedono amici di Gesù così dubbiosi. Certo, dopo Lo riconoscono, con un effetto, letterario e teatrale, l'agnizione, che verrà usato in seguito per commuovere e porre in luce le migliori qualità del protagonista.
    Bisogna considerare che ancora erano viventi sia osteggiatori del Maestro, assolutamente consapevoli del fatto che ,sulla natura di Gesù non ci fosse affatto quella coesione dipinta successivamente, sia coloro che l'avevano amato sinceramente e ne rispettavano la memoria è consideravano la Resurrezione una bella metafora per colmare gli animi tristi e delusi dall'ennesimo fallimento per liberare Israele.
    Non potevano, quindi, venire taciute le voci discordanti presenti persino nella cerchia degli amici più fedeli, come Tommaso detto Didimo. Proprio per quelli come lui faranno, poi, dire a Gesù la famosa frase che beatifica chi crede senza alcuna prova.
    Ma i giorni successivi alla morte di Gesù sono pieni di gesti e parole per farsi riconoscere come chiamare Maria per nome, laddove spesso la madre era stata appellata come" donna". Oppure come spezzare il pane e bere il vino dopo aver citato decine di versetti biblici che evidentemente non avevano "folgorato" i viandanti, convinti di trovarsi alla presenza di un buon sapiente ma non della seconda Persona della Trinità da poco Risorta. Ora, dopo aver nuovamente tolto la lucidatura dogmatica, vediamo come possiamo trarre insegnamento da questo racconto, in una visione Unitariano- Universalista ispirata dai Principi: non bastano le idee per fare di qualcuno un vero credente( in senso lato del termine) ma sono l'attenzione alla persona e la cura a rendere reale ciò che si professa. Così non bastano studi, seppur importanti,
    a rendere significativa una dottrina ma l'esperienza totale della persona. In questo penso si debba imparare da tradizioni molto diverse, rispetto a quella, molto sobria, del Protestantesimo luterano e calvinista che limita molto la gestualità affidandosi quasi solo alla parola . Gesù, Buddha, Lao Tze, Confucio o i Maestri di vita cari agli Umanisti possono davvero tornare attraverso di noi anche chiamando per nome un'anima affranta o dividendo del cibo.
    Ho intenzione, col Vostro aiuto, di continuare a togliere la patina conciliare da testi che possono ancora dire molto, anzi che lo fanno proprio perché parlano di viandanti come noi.
     
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